La successione legittima, comunemente definita ab intestato, non ha il suo titolo nella volontà privata, e quindi in un testamento, ma nella Legge e, comprende sia la successione necessaria sia la successione legittima. I suoi presupposti sono la mancanza di una vocazione testamentaria ovvero quando il de cuius abbia disposto dell’eredità a titolo di eredità e il titolo a succedere, ovvero quando vi sia una mancanza di un determinato legame parentale tra il defunto e il successibile.
La successione testamentaria prevale sulla successione legittima?
La successione testamentaria prevale, e infatti la Legge sancisce in modo espresso il principio di sussidiarietà della successione legittima rispetto alla testamentaria stabilendo all’art. 457 cod. civ. che, “non si fa luogo alla successione legittima se non quando manca, in tutto o in parte, quella testamentaria”, tuttavia è necessario effettuare delle distinzioni.
L’applicabilità della disciplina della successione legittima è tale non solo in mancanza, totale ma pure parziale, di quella testamentaria, pertanto, se il testamento dispone solo di alcuni beni, non si esclude tout court l’apertura della successione legittima, e come tale sarà necessario fare ricorso alla Legge per comprendere a chi viene devoluto l’asse ereditario del defunto.
Che rapporti vi sono tra la successione ab intestato e la successione dei legittimari? Sono la stessa cosa?
No, sono due cose profondamente diverse, anche se successione legittima e successione necessaria sono specie dello stesso genere in quanto esse hanno in comune il fondamento (ovvero la tutela del nucleo familiare) e il titolo costitutivo (la Legge).
Ciò che differenzia le due tipologie di successioni è il modo in cui l’asse del defunto viene calcolato, in quanto la successione legittima ha per oggetto soltanto il relictum, ovvero ciò che trovasi nel patrimonio del defunto al momento della sua morte, mentre i diritti successori dei legittimari vengono calcolati non solo tenendo presente ciò che il defunto ha lasciato, ma anche ciò che il defunto ha donato in vita.
Perché gli eredi necessari prevalgono rispetto agli altri?
Il fondamento di tale differenza risiede nella diversa e più incisiva tutela del nucleo familiare ristretto che si ha nella successione dei legittimari, ovvero nella successione necessaria: ascendenti, coniugi e figli sono tutelati anche con riferimento alle donazioni che in vita il defunto ha effettuato, ledendo, magari volontariamente i loro diritti di legittimari.
In caso di gradi di parentela meno prossimi invece, l’ordinamento ritiene di tutelare maggiormente la volontà del defunto a discapito di quella dei suoi eredi legittimi (fratelli e altri parenti in altri gradi), e cosi, chi si trova a essere libero da vincoli matrimoniali, senza prole e genitori, può disporre del proprio patrimonio a favore di chiunque senza timore che terzi, non legittimari, possano ritenere lese indebitamente le loro quote di eredità.
Chi sono gli eredi legittimi e gli eredi necessari?
L’art. 565 cod. civ. prevede che “Nella successione legittima l’eredità si devolve al coniuge, ai discendenti, agli ascendenti, ai collaterali, agli altri parenti, e allo Stato, nell’ordine e secondo le regole stabilite nel presente titolo”. Il sistema del nostro ordinamento individua nei predetti successibili quattro classi a seconda della ratio che giustifica la vocazione: la classe formata dai parenti legittimi, quella formata dal coniuge, quella formata dei parenti naturali e, infine, lo Stato. In particolare in presenza di figli, la successione degli ascendenti è esclusa, mentre il coniuge concorre sia in presenza di figli, che in presenza di ascendenti.
In definitiva, i fratelli, che non sono eredi legittimari, in assenza di un testamento del defunto, concorrono nell’eredità solo se non vi è prole del defunto, e, la loro quota è determinata a seconda della presenza o meno degli ascendenti o del coniuge.
In assenza di eredi necessari, la successione si devolve ai parenti dei gradi più prossimi, senza distinzione di linea, ai sensi dell’art. 572 c.c. Non sempre sarà facile individuare con precisione le quote degli eredi legittimi, e, per questo motivo, sarà sempre opportuno farsi assistere da un Notaio per tutte le operazioni inerenti alla successione del defunto.
Come si calcolano i gradi di parentela?
Nella linea retta il grado di parentela si calcola contando le persone sino allo stipite comune, senza calcolare il capostipite, mentre nella linea collaterale i gradi si computano risalendo sino allo stipite comune (da escludere) e da questo discendendo all’altro parente.
Pertanto, se vogliamo sapere, in assenza di figli, coniuge, ascendenti e fratelli chi è chiamato nell’eredità del de cuius dovremo calcolare il grado di parentela: il figlio di un fratello, ad esempio, quale parente di quarto grado, prevale sul cugino del genitore, parente di quinto grado.
È vero che al coniuge spetta sempre il diritto di abitazione sulla casa familiare?
Sì, e anche se nel codice civile non viene richiamata una norma analoga all’art. 540 co. 2 c.c., non si dubita che al coniuge in tutti i casi spetti il diritto di abitare vitanaturaldurante l’abitazione familiare e il diritto all’uso dei mobili che la corredano. Inoltre, tale diritto di abitazione spetta al coniuge da un punto di vista economico, oltre alla quota di legittima. Pertanto nel calcolo della quota di legittima non si dovrà tenere conto del diritto di abitazione previsto per Legge.
Il coniuge divorziato mantiene i diritti successori?
No, a seguito della cessazione degli effetti civili del matrimonio, la Legge 1° agosto 1978, n. 436 all’art. 3 prevede in favore del coniuge superstite divorziato che versi in stato di bisogno solo un assegno di natura alimentare, e purché godeva dell’assegno di mantenimento al momento del decesso del de cuius. Pertanto, pur se il coniuge divorziato sia ormai estraneo alla famiglia e quindi non può rientrare nella successione come regolata dall’art. 565, egli è comunque destinatario di un diritto di credito nei confronti dell’asse, pur se legato allo stato di bisogno del coniuge medesimo.
Quando eredita lo Stato?
I presupposti affinché lo Stato possa ereditare sono innanzitutto un’eredità vacante, circostanza che ricorre quando manca ogni successibile legittimo e testamentario, o perché non via sia o per perdita del diritto di accettare per rinunzia, per prescrizione o per decadenza. Lo Stato, tuttavia, ha titolo a succedere solo nei confronti del cittadino italiano e nei confronti del cittadino straniero residente in Italia: lo Stato si definisce quindi erede necessario.
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