Il mandato post mortem

da | Ott 26, 2017

Per mandato post mortem  si intende quel negozio giuridico con cui un soggetto (mandante) conferisce ad altro soggetto (mandatario) un incarico da eseguirsi dopo la sua morte. Quanti tipi di mandato esistono? Esistono tre tipi di mandati post mortem: – il mandato post mortem; – il mandato mortis causa o post mortem con oggetto illecito; […]

Per mandato post mortem  si intende quel negozio giuridico con cui un soggetto (mandante) conferisce ad altro soggetto (mandatario) un incarico da eseguirsi dopo la sua morte.

disposizioni testamentarie

Quanti tipi di mandato esistono?

Esistono tre tipi di mandati post mortem:
– il mandato post mortem;
– il mandato mortis causa o post mortem con oggetto illecito;
– il mandato post mortem in senso stretto.

Il mandato post mortem

Il mandato post mortem è il contratto tra vivi con il quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra dopo la morte di quest’ultima. Tale contratto è valido purché l’incarico non preveda il compimento di atti dispositivi di diritti patrimoniali successori (trasferimento di beni del mandante a terzi) o di altri atti a contenuto patrimoniale. In altri termini, al mandatario viene affidato il compito, di eseguire dopo la morte del mandante, di svolgere una mera attività materiale, eventualmente in esecuzione di un’attribuzione patrimoniale già perfetta in vita dal mandate. La circostanza che l’attività oggetto dell’incarico non abbia carattere patrimoniale esclude che il mandato possa considerarsi in contrasto con il divieto dei patti successori.

Il mandato mortis causa

Il mandato mortis causa ha a oggetto l’attribuzione al mandatario dell’incarico di compiere, dopo la morte del mandante, atti che importino l’attribuzione di diritti patrimoniali successori in spregio al divieto dei patti successori. La violazione del divieto dei patti successori determina la nullità del contratto.

Il mandato post mortem in senso stretto

Tale istituto giuridico ha a oggetto un atto unilaterale con cui una parte conferisce a un soggetto l’incarico di svolgere un’attività giuridica dopo la sua morte. Per redigere tale atto unilaterale in modo valido è necessario rispettare le formalità previste per i testamenti. Si inquadrano in questa figura la nomina del terzo arbitratore (per le ipotesi di cui agli artt. 630, 631 e 632 c.c.), la nomina dell’esecutore testamentario (art. 700 c.c.), la designazione del terzo incaricato di redigere il progetto di divisione fra i coeredi (art. 733, 2° comma, c.c.).

Il mandato post mortem ed eredità digitale

Innanzitutto, è necessario definire, benché genericamente, che cosa si intenda per eredità digitale. Per eredità digitale si intende la trasmissione mortis causa di un gruppo eterogeneo di file e dati digitali legati al de cuius. In quest’epoca di informatizzazione, ogni persona genera e dispone di file, salvati su dispositivi fisici o in-cloud, e immette i propri dati e immagini su piattaforme social. Basti pensare alla propria mail personale o anche all’home banking, all’account di conservazione dei dati in-cloud, fino ad arrivare al proprio profilo su piattaforme social come Facebook,  LinkedIn, Instagram, Pinterest, Youtube o Tik Tok. Tutti i dati così digitalizzati possono formare patrimonio che cade in successione.

Sorge quindi spontaneo domandarsi che cosa succeda all’eredità digitale all’apertura della successione. La risposta non è univoca. Infatti, non tutti i beni digitali possono essere trasmessi come beni autonomi. Soprattutto, quando vengono aperti account, di qualsiasi tipo, nell’informativa del provider vi è il consenso che quanto utilizzato e caricato, benché protetto dalla legge sulla privacy, non sia di proprietà dell’utilizzatore, ma di proprietà del provider stesso.

Com’è possibile, allora, disporre post mortem della nostra identità digitale, che spesso ha per ognuno di noi, sicuramente, valore affettivo e, a volte, valore patrimoniale? La dottrina ha elaborato il c.d. “legato di password”, termine forse ingannevole poiché il legato è, solitamente, una disposizione testamentaria con cui si beneficia un soggetto con un bene particolare. La password non può considerarsi un bene, ma è il mezzo con cui accedere digitalmente a un proprio bene. Inoltre, non sempre ciò che immettiamo in una piattaforma, come detto sopra, può considerarsi un bene giuridico di proprietà personale.

Pertanto, soccorre, per poter disporre, sia moralmente che patrimonialmente della propria eredità digitale, il mandato post mortem. Con tale strumento, che prevede l’esecuzione di un’attività materiale da porre in essere dopo la morte, è possibile conferire a un soggetto di fiducia, presso cui depositare le proprie credenziali, l’incarico di trasmettere dette credenziali di accesso a un determinato account ad altro soggetto beneficiario, affinché possa sfruttarne i contenuti oppure curarne la cancellazione a tutela della propria “identità digitale”.

2 Commenti

  1. vincenzo

    Quesito: in tema di vendita immobiliare contenente clausola di riservato dominio in favore del venditore, può ritenersi valida la procura “post mortem” rilasciata da quest’ultimo in favore di un terzo per la cancellazione della riserva di proprietà ?

    Rispondi
    • Guido Brotto

      Senza lettura dell’intero contratto è difficile darle un parere.

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