La divisione giudiziale

da | Gen 24, 2025

Cosa accade dopo l’apertura della successione? Occorre anzitutto condurre una verifica di chi siano gli eredi e della consistenza del patrimonio ereditario. Se il defunto ha disposto con un testamento attribuendo i singoli beni che fanno parte dell’asse ereditario a ciascuno di coloro che sono chiamati all’eredità, non si pone ovviamente alcun problema di riparto […]

Cosa accade dopo l’apertura della successione? Occorre anzitutto condurre una verifica di chi siano gli eredi e della consistenza del patrimonio ereditario. Se il defunto ha disposto con un testamento attribuendo i singoli beni che fanno parte dell’asse ereditario a ciascuno di coloro che sono chiamati all’eredità, non si pone ovviamente alcun problema di riparto dei cespiti. A ciascuno dei soggetti nominati sarà direttamente attribuito quanto assegnato dal testatore.

Diversamente accade nell’ipotesi, tutt’altro che infrequente, in cui o non vi sia testamento oppure in cui il de cuius si sia limitato ad individuare quote astratte da attribuire ai suoi eredi. In questi casi, a meno che i coeredi non intendano mantenere tutto in comune, occorre procedere alla divisione ereditaria. Quest’ultima è il contratto con il quale, assegnati specifici beni in proprietà esclusiva a ciascuno dei condividenti, si ottiene lo scioglimento della comunione ereditaria incidentale. Tale è la comunione che si forma automaticamente in seguito alla morte dell’ereditando, al momento dell’apertura della successione legittima o testamentaria.

Ma cosa succede se gli eredi, invece di trovare un accordo, si mettono a litigare? La situazione di pone con una certa frequenza. Non è semplice, in verità, raggiungere il consenso tra gli aventi diritto. Non si tratta soltanto di individuare il bene da assegnare a ciascuno. Le questioni che possono sorgere sono potenzialmente infinite. Più eredi puntano all’attribuzione dello stesso bene. Non ci sono beni a sufficienza per accontentare tutti, di modo che occorre attribuire un bene specifico a più persone oppure occorre che colui al quale il bene viene assegnato paghi gli altri con somme di denaro (che tecnicamente si chiamano “conguagli”). Importante è, al riguardo, l’elaborazione di una perizia di stima. Spesso l’accurata redazione di essa è il primo passo per fare il punto della situazione e chiarire agli interessati il valore di ciascuno dei beni che compongono l’asse ereditario. In ogni caso, poi, c’è da mettere in conto le “impuntature” caratteriali dovute a rapporti personali. Accade spesso che nel corso degli anni maturino tra parenti conflittualità latenti che hanno modo, nell’occasione, di finalmente manifestarsi in maniera diretta. Quando gli eredi non trovano una soluzione, stante il diritto di ciascuno, previsto per legge, di ottenere in via esclusiva quanto gli spetta, non resta altro se non procedere ad una divisione giudiziale. Insomma: occorre proporre una causa civile, andando a discutere della faccenda avanti ad un giudice.

La divisione giudiziale è connotata da una disciplina non dissimile rispetto a quella della divisione negoziale o contrattuale. Le difficoltà di procedere allo scioglimento della comunione ereditaria spesso discendono, come detto, dalla natura dei beni che vi ricadono. Quando infatti, come è per lo più, si tratta di beni immobili, non è infatti semplice formare porzioni aventi un valore adeguato alla quota di diritto spettante a ciascun condividente. Va anche ricordato come, spesso, la divisione giudiziale deve essere preceduta logicamente dalla imputazione del valore delle donazioni effettuate in vita dal de cuius, dalla collazione delle stesse (salvo che ve ne sia stata dispensa) o, addirittura, dall’azione di riduzione delle disposizioni che si palesassero lesive della porzione legittima.

Cosa significa? Il tema è molto complesso. In sintesi, anche le donazioni che sono state fatte dal defunto quando era in vita fanno idealmente parte dell’asse ereditario. Come tali, esse devono rientrare nella divisione. I coeredi sono infatti gravati da un’obbligazione reciproca consistente nel dover riconferire nell’asse ereditario ciò che è stato loro donato, allo scopo di assoggettarlo a divisione insieme al resto dei beni. Questa situazione è difficilmente immaginabile: chi ha ricevuto un bene in donazione, infatti, non pensa neppure lontanamente che un domani potrebbe essere obbligato a “ritornarlo indietro” a tutti i coeredi. È ben vero che chi dona può escludere che si produca questo effetto inserendo una apposita clausola (la c.d. “dispensa dalla collazione”), ma se questa accortezza non viene assunta in sede di atto notarile, le conseguenze sono quelle descritte. Occorre poi chiarire che, in ogni caso, neppure una siffatta clausola potrebbe rendere inoppugnabile la donazione di un bene avente valore tale da ledere la legittima degli altri coeredi legittimari (vale a dire ascendenti, discendenti o coniuge del de cuius). Così, essi ben potrebbero proporre l’azione di riduzione che, come detto, talvolta viene proposta insieme a quella di divisione. In questa eventualità la divisione dovrebbe anche tener conto di beni ulteriori rispetto a quelli che erano caduti in successione, in quanto si aggiungerebbero quelli che fossero recuperati all’asse ereditario una volta che fosse stata accolta la predetta azione di riduzione.

Nel procedimento divisionale, il giudice, spesso avvalendosi dell’ausilio di tecnici, predispone i lotti da attribuire a ciascuno dei condividenti. È anche possibile che vi siano beni indivisibili, come tali da attribuire ad una pluralità di soggetti, come anche la compensazione mediante conguagli in denaro. L’estrazione a sorte dei lotti è una delle possibilità che si danno quando non risulta che si possa procedere altrimenti.

Insomma: appare chiaro come non convenga per nulla litigare: al di là della complessità e dei costi della procedura, anche gli esiti sono assolutamente imprevedibili e per lo più sgraditi. Conviene piuttosto rivolgersi ad un competente professionista: ciò non soltanto nella fase “finale”, ma soprattutto in quella “iniziale”. Quando l’ereditando ha infatti pianificato con accuratezza la sorte dei propri beni cercando di non creare situazioni di ingiustizia non si creano le condizioni per le liti.

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Daniele Minussi – contattami per una consulenza

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