L’art. 873 del codice civile prevede una distanza minima tra fabbricati di almeno tre metri, ma ci sono casi in cui possono essere previste convenzioni tra privati in deroga alle distanze legali. Vediamo nel dettaglio tutta la normativa vigente.
L’articolo 873 c.c. sancisce che “le costruzioni su fondi finitimi, se non unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non inferiore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore”. I regolamenti locali hanno pertanto carattere integrativo della norma primaria: tale assunto è giustificato dall’art. 2 del D.P.R. 6 giugno 2001, n.380 secondo cui i Comuni nell’ambito della propria autonomia normativa di cui all’art. 3 TUEL, disciplinano l’attività edilizia.
I regolamenti edilizi, pertanto, contengono la disciplina delle modalità costruttive dei fabbricati e delle loro pertinenze, da un punto di vista, estetico e igienico-sanitario, oltre che di vivibilità stessa dei fabbricati e possono fissare le distanze tra le costruzioni in misura diversa da quelle stabilite dal codice civile.
La Corte di Cassazione ha sancito recentemente, con sentenza resa a Sezioni Unite del 19 maggio 2016 n. 10318, che l’ambito integrativo dei regolamenti locali non si esaurisce nella sola deroga alle distanze minime previste dal codice, ma si estende all’intero impianto di regole e principi dallo stesso dettato per disciplinare la materia, compreso il meccanismo della prevenzione, che i regolamenti locali possono eventualmente escludere, prescrivendo una distanza minima delle costruzioni dal confine o negando espressamente la facoltà di costruire in appoggio o in aderenza.
È possibile derogare alle distanze tra fabbricati e confini previo accordo tra confinanti?
No, non è possibile. Le prescrizioni dei regolamenti edilizi comunali hanno interesse superiori ai rapporti privatistici, in quanto dettate per ragioni di saluta pubblica e governo del territorio. Nell’ambito quindi anche di un’interpretazione costituzionalmente orientata, sulla base dell’art. 32 della Costituzione, la motivazione dell’inderogabilità dei regolamenti comunali si giustifica in relazione alla prevalenza dell’interesse pubblico rispetto a quello della tutela degli interessi privati.
Cosa succede in caso di violazione delle distanze legali?
Una costruzione realizzata ex novo o ampliata, pur con l’accordo del confinante ma in violazione del regolamento comunale, e, quindi, non assentita da un idoneo titolo edilizio, comporta in capo alla Pubblica Amministrazione il potere di ordinarne la demolizione totale, o in caso di modifica/ampliamento del manufatto preesistente, la sua messa in pristino, fatto comunque salvo in capo al confinante non assenziente il diritto al risarcimento del danno patito.
Che distanza ci deve essere tra una casa e l’altra?
Le distanze tra fabbricati sono sancite dal codice civile all’art. 873 c.c., che prevede una distanza minima tra fabbricati di almeno tre metri, ma per avere piena conoscenza, sarà necessario rivolgersi al proprio tecnico di fiducia, il quale dovrà verificare cosa prevede lo strumento urbanistico comunale, che, può prevedere distanze superiori tra costruzioni, ovvero consentire, con determinati limiti, convenzioni tra privati in deroga alle distanze legali, purché nel rispetto di quanto previsto dalla disciplina regionale e comunale.
Cosa deve fare chi edifica per primo?
Chi inizia i lavori di edificazione di un fondo, e sulla base del meccanismo della c.d. “Prevenzione” (emergente dal combinato disposto degli art 873 c.c. e seguenti) nel caso in cui su due fondi contigui non esistano costruzioni, al proprietario che costruisce per primo è offerta una triplice facoltà.
Chi per primo edifica, potrà, alternativamente rispettare la distanza dal confine prevista dal regolamento comunale, oppure costruire rispettando una distanza dal confine pari alla metà di quella imposta dal codice civile (tre metri) ovvero sul confine.
Tale scelta condiziona il confinante che edifica successivamente.
Intendo costruire un’abitazione sul terreno edificabile di mia proprietà, che distanza devo tenere dalla costruzione sul terreno confinante?
Le possibilità date al confinante dipendono da ciò che il preveniente (ovvero colui che ha edificato per primo) ha realizzato in prima battuta.
Infatti, chi edifica in epoca successiva potrà, se l’altra costruzione è costruita a confine, edificare anch’egli a confine della proprietà, chiedendo la comunione forzosa del muro, ovvero costruendo in aderenza.
Negli altri casi, o qualora non intenda costruire a confine, dovrà costruire la propria abitazione (o altro manufatto), rispettando il distacco legale, ovvero dovrà costruire anch’esso a una distanza dal confine pari alla metà di quella prevista dal codice civile (tre metri).
Desidero costruire a distanza inferiore al limite legale, ma il vicino non è d’accordo, il Comune può rifiutare il rilascio del permesso edilizio?
Sì. In caso di costruzioni preesistenti e di edificazione di nuovi corpi di fabbrica o ampliamento di quelli esistenti, il consenso del confinante è indispensabile per poter consentire il rilascio del titolo abilitativo, o la presentazione da parte del tecnico incarico della pratica edilizia in Comune.
Ho trovato l’accordo con il vicino per costruire a distanza inferiore al limite legale, è necessario recarsi dal Notaio?
Sì. Nonostante non vi sia una norma codicistica che lo imponga, e, nonostante nel passato la maggior parte dei Comuni ritenesse sufficiente una scrittura privata non autenticata dal pubblico ufficiale per procedere al rilascio del titolo edilizio abilitativo, sempre più frequentemente i Comuni si stanno uniformando nella prassi di ritenere indispensabile l’autentica del Notaio sull’accordo privato volto a derogare le distanze legali. Ciò, sia per opporre tale accordo ai successivi aventi causa delle parti, sia per evitare strumentalizzazioni delle scritture private non autenticate, o disconoscimento dello stesse.
Nel solco di questa prassi, si è collocata una recente sentenza della Cassazione, la n. 1731/20. del 7 gennaio 2020, che ha sancito l’indispensabilità dell’autentica notarile sull’accordo privato di deroga alle distanze tra costruzioni, pur ovviamente nel rispetto, quanto al suo contenuto, del regolamento comunale.
Il confinante mi ha autorizzato a costruire in aderenza al suo fondo un ampliamento del mio fabbricato, ma mi richiede di fare altrettanto, mi può costringere?
La libera contrattazione tra le parti può spingersi fino a prevedere un accordo reciproco, nel rispetto del regolamento edilizio comunale, per costruire in aderenza tra fondi. Pertanto, il confinante, proprietario di un’altra abitazione, può imporre a chi intende ampliare il proprio fabbricato, o costruire – ad esempio – un garage, un magazzino o una pompeiana esterna, di fare altrettanto. In caso di mancato accordo, nessuno dei due proprietari potrà procedere con quanto desiderato.
Il confinante è disposto a concedermi il diritto di costruire a distanza inferiore al limite legale, ma mi è chiesto di corrispondergli una somma di denaro, è legale?
Sì è legale, e d’altro canto non c’è un limite alla somma di denaro che il confinante può chiedere per consentire l’esercizio della facoltà. Naturalmente tali richieste possono essere utilizzate in modo strumentale, ma di per sé sono lecite.
Che spese ci sono per procedere con una convenzione per costruire a distanza inferiore al limite legale?
Le spese “vive” variano molto a secondo dell’assetto di interessi convenuto dalle parti, e l’onorario in relazione alla complessità della convenzione da redigere. Innanzitutto dipende se la convenzione è o meno reciproca: infatti, se la convenzione è reciproca sconterà un’imposta di registro minima di 1.000 Euro, oltre un’imposta ipotecaria di Euro 50.
Se, invece, la convenzione è a titolo gratuito, essa sconterà l’imposta di bollo di Euro 230, l’imposta ipotecaria di Euro 200 e la tassa ipotecaria di Euro 35. Quanto all’imposta di donazione, qualora i confinanti siano parenti in linea retta o fratelli non verrà scontata alcuna imposta (purché il valore della convenzione rientri in franchigia) mentre, se le parti non sono parenti fra di loro sconterà l’imposta di donazione sulla base delle aliquote previste dall’articolo 2, comma 48, del D.L. n. 262 del 2006 e in relazione al valore attribuito dalle parti alla convenzione.
Il valore della convenzione è attribuito dalle stesse parti, anche sulla base delle valore del manufatto da realizzare e dovrà essere valutato dal tecnico e, in subordine, dal Notaio. Il valore può essere oggetto di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate competente: valori troppo esigui o dichiarati in modo meramente simbolico, infatti, possono celare un intento elusivo delle parti della normativa fiscale.
Quanto alla tassa d’archivio dovuta, trattandosi di convenzione fra privati si applica l’art. 6 co. 1 lettera d) n. 14 del DM 265/2012, e verrà applicato l’importo di Euro 4,60, sempre che non sia convenuto un corrispettivo, nel qual caso, la tassa d’archivio sarà calcolata in modo graduale sul prezzo della convenzione, con un minimo di Euro 27.50.
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