Il patto di famiglia

da | Ago 3, 2020

Il patto di famiglia è un istituto introdotto dal Legislatore con L. 14 febbraio 2006, n. 55, con cui si mira a facilitare l’imprenditore nel passaggio generazionale dell’impresa; lo scopo è quello di rendere stabile, davanti a eventuali future contestazioni all’apertura della successione, il trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni all’interno di società di persone e/o […]

Il patto di famiglia è un istituto introdotto dal Legislatore con L. 14 febbraio 2006, n. 55, con cui si mira a facilitare l’imprenditore nel passaggio generazionale dell’impresa; lo scopo è quello di rendere stabile, davanti a eventuali future contestazioni all’apertura della successione, il trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni all’interno di società di persone e/o di capitali.

patto di famiglia

Chi sono i soggetti coinvolti nel patto di famiglia?

La Legge concede l’utilizzo dell’istituto a soggetti ben qualificati; le parti sono necessariamente: l’imprenditore, uno o più discendenti (figli o nipoti) e i soggetti che la Legge considera legittimari (ovvero, ai sensi dell’art. 536 c.c., gli ascendenti, la moglie e i figli a cui non viene trasferita l’attività imprenditoriale). Tutti i soggetti di cui sopra, al fine di rendere stabile il negozio, sono chiamati a parteciparvi.

Il patto di famiglia è una donazione?

L’art. 768-bis del Codice Civile parla genericamente di trasferimento dell’attività imprenditoriale. La genericità di tale norma ha fatto sì che la dottrina si sia divisa in tre tesi diverse. Secondo parte della dottrina, il patto di famiglia costituirebbe una donazione e, più precisamente, una donazione modale. Il motivo per cui si è giunti a tale interpretazione è dovuto al fatto che manca nel complesso delle norme relative all’istituto ogni riferimento a un corrispettivo, dall’esclusione alla collazione e all’azione di riduzione dell’oggetto del patto di famiglia. Detto istituto, inoltre, prevede all’art. 768-quater l’obbligo – considerato onere legale – da parte del beneficiario del trasferimento, di liquidare i diritti successori dei soggetti legittimari dell’imprenditore che trasferisce l’attività produttiva.

Una seconda tesi, formulata da altra dottrina, ritiene che il patto abbia una natura di divisione, operando lo stesso un’estromissione dell’attività produttiva dalla futura successione. Infine, una terza tesi, lo ritiene un nuovo contratto tipizzato dal Legislatore che si pone a metà strada tra la donazione e la successione. Questo contratto complesso racchiude in sé un negozio avente natura liberale – il trasferimento dell’attività produttiva – nonché un negozio a causa solutoria, quindi onerosa, consistente nella liquidazione dei diritti successori dei legittimari non beneficiari.

Il patto di famiglia deve essere stipulato per atto notarile?

Ai sensi dell’art. 768-ter c.c., deve essere stipulato per atto pubblico e quindi a mezzo di un Notaio, a pena di nullità.

È necessaria la partecipazione di tutti i legittimari?

Ai sensi dell’art. 768-quater c.c., la legge prescrive che all’atto notarile devono partecipare anche il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione dell’imprenditore. Tale norma utilizza la parola “devono” e ciò ha destato più di una perplessità tra i primi commentatori della norma. Secondo una tesi restrittiva, il Notaio non potrebbe stipulare un patto di famiglia a cui non partecipino tutti i legittimari non assegnatari dell’azienda o della partecipazione societaria. Secondo una tesi più liberale, invece, è possibile stipulare il patto di famiglia, anche in mancanza di uno o più legittimari, e nel patrimonio del legittimario non presente nascerebbe così un diritto di credito; tale credito, però, potrebbe variare nel caso in cui il legittimario non presente contestasse il valore attribuito dall’imprenditore e dal beneficiario all’attività produttiva.

Serve una perizia?

La perizia in cui un tecnico valuti il valore dell’azienda o della partecipazione societaria può essere utile, ma non è necessaria; il valore dell’attività produttiva trasferita è decisa di concerto con tutti i soggetti che la legge ritiene necessari per la stipulazione.

Chi deve liquidare i diritti di legittima dei legittimari non assegnatari?

L’art. 768-quater c.c. pone la liquidazione dei diritti dei legittimari in capo al beneficiario del patto di famiglia. Ciò non toglie che di detta liquidazione possa farsene carico il c.d. disponente (quindi l’imprenditore). In quest’ultimo caso, però, ciò che viene liquidato dall’imprenditore deve necessariamente considerarsi adempimento del terzo e, a seconda del caso specifico, detta liquidazione configura un mutuo o una donazione a seconda che vi sia, da parte del beneficiario del patto di famiglia, un obbligo di restituzione o meno al disponente di quanto liquidato. In ogni caso è possibile che l’obbligo di liquidazione venga meno qualora gli altri legittimari vi rinuncino.

Cosa succede se vengono a esistere nuovi legittimari dell’imprenditore?

Nel caso in cui sopravvengano nuovi legittimari, il legislatore all’art. 768-sexies c.c. ha previsto che il patto di famiglia rimanga stabile e valido ma, il beneficiario del trasferimento, avrà l’obbligo di liquidare i legittimari sopravvenuti secondo la quota di loro spettanza.

Quali sono i vantaggi del patto di famiglia rispetto alla donazione?

Prima di tutto il patto di famiglia è un accordo che coinvolge l’intero ambito familiare consegnando al negozio una stabilità definitiva che la donazione non può assicurare, essendo questa sempre opponibile e soggetta al rischio dell’azione di riduzione. 
È doveroso ricordare, infatti, che il patto di famiglia introduce un’importante deroga al principio dei patti successori, i quali vietano ogni patto che abbia a oggetto una successione non ancora apertasi. Inoltre, sempre in funzione di rendere il negozio stabile nel tempo e, quindi, garantire la continuità della gestione imprenditoriale da parte del soggetto prescelto dall’imprenditore, è espressamente disciplinato che i beni trasferiti al beneficiario siano espressamente esclusi dall’obbligo di collazione e dall’esercizio dell’azione di riduzione.

Il patto di famiglia è un negozio definitivo?

La ratio del complesso delle norme è quello di rendere il negozio del patto di famiglia definitivo e duraturo nel tempo. Ciò non toglie che l’imprenditore possa riservarsi il controllo del bene trasferito mediante la riserva di usufrutto oppure prevedendo la facoltà di esercitare unilateralmente il diritto di recesso. Come ogni negozio nascente dal consenso di più parti, l’art. 768-septies c.c. prevede che gli intervenuti nel patto di famiglia possano sciogliere – con un nuovo negozio – gli effetti prodotti dal patto.

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