Le previsioni statutarie maggiormente adoperate dai soci di una società per prevedere limitazioni alla circolazione delle partecipazioni sociali e, quindi, alla modifica della compagine sociale, sono la clausola di prelazione e la clausola di gradimento, che trovano fondamento nel codice civile (art. 2355-bis in tema di società per azioni e art. 2469 sulle società a responsabilità limitata). Molto spesso i soci di una società, specie se trattasi di società di capitali (in particolare società a responsabilità limitata), fanno ricorso a queste limitazioni con l’intento di cercare di evitare l’uscita di un socio dalla società ovvero impedire l’ingresso nella stessa di nuovi soci non voluti da quelli già presenti, con conseguente mancata monetizzazione da parte del socio uscente.
La clausola di prelazione
La clausola di prelazione prevede che il socio che ha intenzione di cedere, in tutto o in parte, la propria quota di partecipazione sociale, è previamente obbligato a offrire la medesima partecipazione agli altri soci, preferendoli ai terzi. Esistono due tipi di clausole di prelazione:
- la prelazione propria = il/i titolare/i del diritto di prelazione devono offrire al socio cedente parità di condizioni, cioè le stesse condizioni da lui concordate con il terzo estraneo;
- la prelazione impropria = le condizioni della cessione vengono fissate sulla base di determinati criteri o, in caso di disaccordo fra le parti, da un terzo arbitratore.
L’operatività della clausola di prelazione può essere prevista non solo per i trasferimenti onerosi delle partecipazioni sociali, ma anche per i trasferimenti a titolo gratuito. Nel caso in cui non venga rispettata la prelazione, il trasferimento non acquista efficacia nei confronti degli altri soci e della società e, pertanto, formalmente il cedente resta socio e il cessionario rimane terzo estraneo.
La clausola di gradimento
La clausola di gradimento subordina il trasferimento della partecipazione sociale al gradimento verso il cessionario da parte dei soci, degli organi sociali o di terzi. Il gradimento può essere:
- non mero = il cessionario, per essere gradito, deve possedere determinati requisiti, quali ad esempio l’appartenenze a categorie professionali, il possesso di requisiti soggettivi di onorabilità, etc.;
- mero = la cessione dipende dal consenso insindacabile e senza necessità di motivazione o giustificazione dei soci, degli organi sociali o dei terzi.
Mentre nelle società per azioni il gradimento può essere espresso solo da organi sociali (assemblea soci, organo amministrativo e organo di controllo) o dai singoli soci, nelle società a responsabilità limitata può essere devoluto anche a soggetti estranei alla compagine sociale. Nella prassi, solitamente, si prevede che il gradimento debba essere espresso dall’organo amministrativo o dall’assemblea dei soci. Nel caso in cui l’esercizio del gradimento finisca per impedire del tutto la cessione della partecipazione a un terzo soggetto estraneo alla società, si possono verificare due ipotesi:
- o la partecipazione viene acquistata dagli altri soci o dalla società stessa;
- oppure il socio che intendeva cedere (o i di lui eredi) può (possono) esercitare il diritto di recesso dalla società.
Prelazione e gradimento possono coesistere?
Sì, negli statuti è sicuramente possibile prevedere sia una clausola di prelazione, che una clausola di gradimento. La loro coesistenza, infatti, ha l’obiettivo di limitare il più possibile la modificazione della compagine sociale. È, tuttavia, bene sottolineare che l’introduzione, la soppressione o la modificazione della clausola di prelazione non consentono ai soci dissenzienti l’esercizio del diritto di recesso, a differenza di quanto accade per la clausola di gradimento.
Esistono anche altre clausole similari?
Negli statuti si possono prevedere anche altre clausole limitative della circolazione delle partecipazioni sociali, quali:
- il divieto assoluto di cessione;
- il divieto relativo di cessione, cioè, per esempio, intrasferibilità per un determinato periodo di tempo, intrasferibilità verso determinati soggetti oppure intrasferibilità a titolo gratuito;
- il divieto di trasferimento mortis causa;
- i limiti al trasferimento mortis causa, quali, ad esempio, la clausola di consolidazione o di accrescimento.
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